Abbigliamento tradizionale

Premessa

I viaggiatori attenti che nell’Ottocento visitavano la Sardegna notavano come uno degli aspetti che caratterizzava l’appartenenza ad un paese preciso era senz’altro, insieme all’accento nel parlare, il modo di vestire: su costumene. Nella seconda metà del Novecento ci siamo abituati a pensare al costume riferendoci a quello che molte ragazze e ragazzi hanno indossato almeno una volta nella vita: la gonna plissettata rossa, su coritu o su bentone ecc, ecc.

Abbiamo anche noi partecipato cioè a quel fenomeno di codificazione dell’abito tradizionale che ha identificato “il costume” del nostro paese con uno, certo il più elegante e fastoso, dei modi di abbigliarsi. Infatti, su bestire de gala o su bestire ruju, è solo l’abito da sposa delle donne di Thiesi ancora fino agli anni ’50, mentre gli uomini, sas ragas le avevano abbandonate già da un pezzo per i più moderni calzoni lunghi. Ma non ci si sposava tutti i giorni, e dunque, come si vestivano nel quotidiano i thiesini alla fine dell’Ottocento? Erano del tutto impermeabili ai venti nuovi che arrivavano dall’esterno tramite i contatti commerciali o i vari funzionari ed impiegati che si trasferivano qui per lavoro?

E nella la prima metà del Novecento? E cioè prima di quel vero terremoto, anche culturale in senso lato, che sono state le due guerra mondiali? Possiamo dire: bene. Nel senso che la creatività, l’abilità e la maestria di artigiani specializzati o l’abilità domestica de sas pobiddas erano in grado, all’interno di una tipologia di abbigliamento più o meno fissa e convenzionale, di variare e mostrare oltre alla mentalità ed al gusto personale, il ceto sociale, il mestiere e tanti altri aspetti, tra cui fogge, colori e modalità di utilizzo, alcune delle quali tramontate in pochi decenni e quasi scomparse anche nella memoria; tali qualità, inoltre, se non sopperivano, almeno tentavano di arginare la scarsa disponibilità economica dei più e, soprattutto in certi periodi, anche la difficoltà a reperire stoffe e trine d’importazione, utilizzate per l’abbigliamento fin dal secolo XIX.

La raccolta di capi di abbigliamento risalenti al periodo che va dalla seconda metà del 1800 al 1950, esposti nella Mostra Tunigas, Bestimentas e…Galania, ed il successivo ed ulteriore lavoro di studio che è alla base di questo contributo, hanno documentato la varietà e l’evolversi del sistema vestimentario in uso nel nostro paese nei corso del tempo: per questo parlare di “costume” al singolare è riduttivo, tanto quanto identificare in un’unica versione “quello autentico”. Infatti, l’approfondimento di questo tema ha mostrato, anche in un aspetto apparentemente secondario come l’abbigliarsi, una delle caratteristiche di Thiesi: un paese dinamico che si apre, si rinnova e talvolta dimentica o trascura ciò che possiede, ma che contemporaneamente conserva caratteristiche quasi arcaiche ed uniche nel circondario. Si può raccontare la storia di una piccola comunità in molti modi: farlo attraverso la ricerca su un aspetto del vivere quale il vestiario, è stato sicuramente interessante e coinvolgente, soprattutto perché ci ha messo a contatto con la forte e creativa umanità di uomini e donne già vissuti ma che sentiamo affettivamente vicini.

Giovanna Chesseddu

(Premessa a “ Un secolo di abbigliamento. Il sistema vestimentario thiesino” in Tunigas, Bestimentas e…Galania a cura di S. Ruiu, G. Chesseddu, S. Ferrandu - Coord. G.M. Demartis Ed. SOS SIDDADOS 2 - PRO LOCO DI THIESI

Gruppo Pro Loco - Thiesi

Nel contesto della valorizzazione della cultura popolare, fine della Associazione turistico-culturale Pro Loco, è compresa l’attività di un gruppo di persone di differenti fasce d’età, che esibisce l’abbigliamento tradizionale relativo alle diverse occasioni della vita: la festa, il quotidiano e il lutto.

In particolare il gruppo ha approfondito lo studio dell’abbigliamento in senso lato: non solo di quello codificato come “costume” – su bestire de gala o su bestire ruju, l’abito da sposa delle donne di Thiesi ancora fino agli anni ’50 –  ma del modo di vestirsi nel quotidiano, delle tipologie legate alle varie situazioni della vita ed alla sua evoluzione; il materiale non manca: archivistico e, dalla seconda metà dell’800, anche  i numerosi e preziosi capi conservati dalle famiglie. Tra questi ricordiamo sos bentones di lino maschili – unici nel territorio e sontuosamente ricamati soprattutto nell’alto collo- sa tzamarra de pedde e sa tuniga groga, la gonna gialla a sacco sulla quale indossare sa bunnedda de ‘etare.

Il gruppo Pro Loco, quando possibile, viene accompagnato dal carro agricolo trainato dai buoi (Carabella e Galanu), e da sa tumbarella, il barroccio a molle per asino, costruiti tra il 1935 e il 1950 dalla locale ditta di carpenteria dei Frat.lli Chighine

Thiesi - Abbigliamento femminile

Camija | Camicia

Confezionata in tela di cotone candida e lunga alle caviglie, è molto ampia e l’increspatura è tenuta dalla rifinitura all’altezza del collo, costituito da una striscia finemente ricamata; la parte anteriore, chiusa da bottoni in filigrana d’oro o argento, è oggi abbellita da guarnizioni di pizzo che hanno sostituito lo sparato ricamato.

Imbustu | Corpetto

È un busto a struttura rigida per le stecche di palma nana inserite all’interno e poi rivestito di seta ricamata o di broccato per quelli di gala o festivi, di stoffe meno importanti ma sempre piuttosto resistenti, per l’uso giornaliero; si chiude sul davanti con una lunga trina di lana o seta che passa per appositi occhielli.

Coritu | Giubbetto

È un coprispalla: di velluto di seta rosso-granato finemente ricamato con motivi floreali per la sposa, di velluto operato e tibet di lana nero ricamato anch’esso per le occasioni festive, di velluto di cotone infine per l’uso quotidiano. I polsi sono sempre chiusi da bottoni in filigrana.

Bunnedda – tùniga | Gonna

Fino al 1940 sono presenti tre modelli di gonna: quello più arcaico, sa tùniga/tunighedda – una gonna a sacco di orbace naturale o tinto in varie gradazioni di giallo-senape, marrone o rosso-bordeax – sulla quale sovrapporre all’occasione un’altra gonna-copricapo (sa bunnedda de betare); quello cerimoniale e festivo, sa bunnedda plissada, di panno rosso che prevede la plissettatura il cui bordo inferiore  è decorato con una balza di pizzo nero;  a fine secolo, si diffonde il modello a taglio sagomato – bunnedda a sestu, a coa – mutuato dalla moda cittadina.

Faldita | Grembiule

Di seta, increspata e ricamata nera/colori scuri nei capi più antichi e di seta chiara e operata più recentemente, termina con un fiocco da applicare posteriormente. Per l’uso quotidiano, fin dalla fine del 1800 si utilizzavano stoffe di cotone commerciali a righine, fiorellini ed erano fornite di tasche.

Copricapo

Su muncaloru ispartu: di seta (giallo o avorio per la sposa) o cotone, fino al 1920 copricapo per ogni occasione cade a drappo sulle spalle.

Su muncaloru a corru: di lanetta per l’uso quotidiano.

Sa faldita de conca si indossava in occasioni non importanti: consiste in un rettangolo di tela di cotone o seta di vari colori una delle cui estremità è raccolta in fittissime pieghe tenute da una sottile striscia di stoffa.

Su tullu, è il copricapo della sposa di tulle bianco in uso dal 1920 ca: è ricamato con motivi floreali sia nei bordi che nel centro.

L’acconciatura: i capelli venivano raccolti nella crocchia – su mognu- realizzata SULLA NUCA portandoli indietro con riga centrale o laterale o senza. Oltre a questa acconciatura, c’era sa coroneta: riga in mezzo, trecce laterali portate sopra le orecchie di lato, arrotolate e fissate dietro, se poi i capelli erano folti e molto lunghi le passavano dietro la nuca (la treccia sinistra verso destra e la destra verso sinistra) poi dietro le orecchie e le fissavano in alto alla fine della regione frontale come una corona, a volte coprendole con i capelli della regione frontale per gonfiarli.

Più anticamente su mognu veniva realizzato anche con una sorta di divisione “trasversale”: treccia con i capelli della regione frontale e parte della parietale e altra più in basso con il resto dei capelli, arrotolate e fissate sulla nuca.

L’utilizzo della cuffia è caduto completamente in disuso già dai primi decenni del 1900: rimangono le testimonianze orali e un esemplare presso il Museo delle tradizioni popolari di Roma

Oraria | Gioielli

L’abbigliamento femminile è infine completato dai gioielli in oro e corallo: al collo, oltre ai già citati bottoni, sa collana apostada de oro i cui grani di corallo rosso sono intervallati da vaghi in lamina d’oro; sul petto, a fermare la camicia, la spilla d’oro e pietre dure, sa broscia, e agli orecchi sas oricinas, ancora corallo e oro alle quali sono uniti i pendenti a goccia, sas arracadas.  I costumi più ricchi presentano ai polsi sa butonera, 8 o 10 bottoni in filigrana d’argento uniti da una barretta, che tintinnano ad ogni movimento.

Thiesi - Abbigliamento maschile

Bentone | Camicia

Ora confezionata in cotone ma prima in lino, presenta un collo alto, ricamato e chiuso da una coppia di bottoni in filigrana d’argento o d’oro.

Caltzones de linu | Calzoni

Semplici e lunghi fino alle caviglie alle quali si stringono, così come in vita, per mezzo di lacci, sono confezionati in tela di cotone bianco o in lino naturale.

Ragas | Calzoni a gonnellino

Coprianche in orbace fittamente plissettato, formato da due parti unite in vita da una cintura fermata da lacci e, all’altezza del cavallo, da sa latranga, una striscia che ne unisce i lembi inferiori.

Cosso | Giubbetto

A doppio petto, chiuso lateralmente da bottoni in filigrana d’argento, è confezionato in velluto nero: il capo cerimoniale è bordato di panno rosso come la banda verticale (a coa de rundine) che abbellisce la parte posteriore

Tzamarra | Gilet

Confezionato sia in pelle di montone e vitello che in tessuto di fustagno e panno nero, è un capo a double face per tutte le stagioni.

Cabbaneddu | Giaccone

È un giaccone a manica lunga che arriva a coprire i fianchi; aperto sul davanti, è fornito di cappuccio. Confezionato in orbace nero, è arricchito anteriormente da ricami in tinta. Le particolari rifiniture in panno e in velluto rendono elegante anche il capo di uso giornaliero.

Bultzighinos | Ghette

Di orbace o panno nero, fasciano le gambe coprendo i calzoni bianchi e sono allacciate posteriormente all’altezza del polpaccio.

Berrita | Copricapo

È un copricapo a sacco, confezionato in panno nero, di forma allungata e lungo circa 50 cm, che si porta ripiegato sulla testa.

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